cenni storici (antichi)

Autore:
Sara
L’interesse dell’uomo per la geometria nesce probabilmente dalla necessità di risolvere problemi pratici, come ad esempio la suddivisione in parti uguali di terreni non regolari. Partendo da esigenze pratiche, quindi, i matematici si sono appassionati e hanno affrontato problemi sempre più difficili. Ma cosa vuol dire risolvere un problema? E quando una entità geometrica può essere considerata sufficientemente conosciuta? Fin dall’antichità i matematici classici risposero a queste domande affermando che un oggetto è sufficientemente conosciuto se è possibile costruirlo con elementi accettabili in geometria e che un problema è considerato risolto se è stata costruita la soluzione con strumenti geometrici. Una applicazione molto nota di questi concetti si trova negli Elementi di Euclide. Questa opera del III secolo A.C. racchiude una cascata di teoremi le cui dimostrazioni si ricavano a partire dagli oggetti geometrici definiti precedentemente. Tutto ha inizio dai primi tre postulati: 1) si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto; 2) e che una retta terminata si possa prolungare continuamente in linea retta; 3) e che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza. In questo modo, Euclide afferma che è sempre possibile costruire una retta e una circonferenza (cosa che li rende oggetti ben conosciuti in geometria) e tutti i teoremi affrontati in seguito nell’opera sono dimostrati utilizzando soltanto riga e compasso. Non c’è alcun dubbio, quindi, che tutti i problemi risolvibili con riga e compasso, e in particolare tutti quelli affrontati da Euclide, si possano considerare problemi geometrici a tutti gli effetti. Ben presto, però, i matematici si confrontarono con problemi che non erano risolvibili con tali strumenti. Tra questi rientravano i cosiddetti "problemi classici": - la quadratura del cerchio, - la costruzione dei due medi proporzionali, - la trisezione dell’angolo. Per risolvere questi problemi, i matematici studiarono diverse metodologie, tra cui: a) slittamento di righelli, una procedura che si basa su tecniche di "tentativi e aggiustamenti" e che consiste nel posizionare uno o più righelli graduati in una certa posizione da cui sia facile ottenere il risultato cercato; b) strumenti particolari o curve tracciate con l’ausilio di tali strumenti; c) intersezione delle sezioni coniche. La domanda che viene spontanea, dunque, è se queste procedure siano accettabili in geometria. I matematici classici non fornirono nessun chiarimento a riguardo e la questione fu lasciata in sospeso fino all’inizio dell’epoca moderna. Fu soltanto nel XVI-XVII secolo, periodo tra il Rinascimento e l’Illuminismo, che la questione fu riaperta, in particolare dopo la pubblicazione di una traduzione in latino delle Collezioni di Pappo (1588). Pappo d’Alessandria è stato uno dei più importanti matematici greci, vissuto nel 350 D.C.. Nelle sue Collezioni stabilì alcune regole necessarie per la risoluzione di problemi geometrici proponendo molti esempi di costruzioni. Tuttavia, Pappo non fornì criteri chiari ed uniformi per l’accettabilità delle costruzioni. I matematici del XVI-XVII secolo proposero soluzioni diverse senza arrivare ad una conclusione condivisa. Ad esempio, Keplero (1571-1630) rifiutò tutto ciò che non era costruibile tramite riga e compasso, Clavio (1538-1612) considerava geometriche le curve costruite con strumenti precisi e affidabili, mentre per Cartesio (1596-1650) era accettabile geometricamente tutto ciò che era chiaro e distinto. In seguito riporto alcune soluzioni dei problemi classici mostrando in cosa consistono le tecniche di costruzione accennate sopra (a,b,c).